Seconda condivisione (28/4/2016)
ES. Antonio: Playa Grande, Guatemala, 20/05/1985.
Noviciado Asunción, Paraguay. Filosofía en México DF. Filosofía en Roma.
ES. Antonio: Playa Grande, Guatemala, 20/05/1985.
Noviciado Asunción, Paraguay. Filosofía en México DF. Filosofía en Roma.
FR. Antonio: Playa Grande, Guatemala, 20/05/1985.
Noviciat à Asuncion, Paraguay. Philosophie à Mexico DF. Philosophie à Rome.
Noviciat à Asuncion, Paraguay. Philosophie à Mexico DF. Philosophie à Rome.
EN. Antonio: Playa Grande, Guatemala, 20.05.1985.
Novitiate Asuncion, Paraguay. Philosophy in Mexico City. Philosophy in Rome.
Novitiate Asuncion, Paraguay. Philosophy in Mexico City. Philosophy in Rome.
Mi chiamo Antonio
Ché Paau, sono nato il 20 Maggio dell’anno 1985, a Playa Grande, al nord
del Guatemala. Ho vissuto in una realtà molto bella, ma non sempre facile. Dagli
anni 60-96 Guatemala ha sofferto 36 anni di guerra civile con tanta violenza e
tante vittime. Nonostante tutto, non mancavano le persone di fede, che
credevano e si affidavano a Dio, come la mia famiglia. In questi 30 anni di vita ho visto e vissuto già tante
cose…
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Provengo da una famiglia grande, non solo in numero ma anche di cuore. Sono il primo degli 8 figli di Ricardo Che e di Margarita Paau, una famiglia cristiana catolica. Mio padre è contadino e mia madre casalinga. Quindi, la mia vita e la mia storia cominciano in questo contesto familiare. Ricordo il tempo della mia infanza fino alla mia adolescenza in un villaggio a Playa Grande è stato un tempo di apprendistato e di curiosità. Mentre studiavo la primaria e la secondaria, accompagnavo e aiutavo allo stesso tempo mio padre. Sopratutto per quanto riguardava al lavoro proprio del contadino: coltivare la terra e prendere cura degli animali domestici. In quel tempo, la mattina si andava a scuola e il pomeriggio alla trama (alla campagna) o all’inverso. Qualche volta non era facile lavorare col sole, però non c’era altra scelta. Il lavoro più facile era la raccolta del cardamomo (una fruta aromatica), un lavoro che può fare tutto il mondo, anche i bambini e le donne. Così anche un bambino di 10-12 anni può guadagnare alcuni soldi. Per noi bambini, in quel tempo, quello che si guadagnava si considerava una fortuna, perché frutto del nostro sforzo. Sono cresciuto in un ambiente, dove i mezzi di trasporto più comune nei villagi erano i cavalli, ad esempio per andare alla campagna o a un altro villaggio. Per andare più lontano, invece, si va in macchina o in piccole barche e per dell’emergenze ci sono i piccoli aerei, ma costavano un occhio.
Allora, dalla mia infanzia, ho cominciato a capire che
per vivere la vita occorrevano sacrificio, dedizione e pazienza.
Tuttavia, bisogna dire che il tempo trascorso con la mia
famiglia e nel mio villaggio è stato un tempo di discernimento e anche d’incertezza.
Incertezza nel senso che da una parte volevo continuare con la vita nel campo e
poi sposarmi com’è abituale nei villaggi. Ho interrotto la scuola per 3 anni,
senza studiare, e ho lavorato nella campagna soltanto. E dall’altra parte, c’è
stato nella mia mente “il sogno
americano”, cioè andare negli Stati Uniti, come tanti lo fanno, qualche
volta per curiosità, e sopratutto per necessità. Alla fine niente di questo l’ho
portato a compimento.
E poi, c’erano
anche i consigli dei miei genitori che me incoraggiavano ad andare al gruppo
giovanile della comunità cristiana che, al loro avviso, era un modo di maturare
e di sviluppare la mia partecipazione. Ho seguito il loro consiglio e andavo al
gruppo qualche volta. Però un giorno in cui (forse quando faceva molto caldo
nel lavoro della campagna), ho pensato di andare altrove ed ero convinto di
lasciare la campagna.
E questa inquietudine coincideva con il tempo della mia
preparazione al sacramento della Cresima, allora ho presso coraggio di
cominciare a partecipare nel gruppo giovanile più frequentemente ed è lì, dove
ho cominciato ad avvicinarmi alla Chiesa. Ho conosciuto qualche seminarista
oblato e sopratutto p. Gerardo Kapustka che veniva per celebrare la messa ogni due
mesi nel villaggio. Per questo, la mia vocazione alla vita religiosa non
avrebbe molto senso senza gli oblati e senza la loro presenza a Playa Grande, perché
il mio primo contatto con loro ha marcato l’orientamento della mia scelta e mi
hanno accompagnato sin dall’inizio. Ma in quel momento la mia intenzione non
era la ricerca di una vita religiosa, era soltanto partecipare come gli altri
giovani. Da piccolo mai avevo pensato diventare religioso. Dicono che è un
segno di vocazione sacerdotale quando da bambino si gioca a far il prete,
giocare a celebrare la messa. Ma io, da quel che ricordo, mai l’ho fatto.
Posso dire però che la testimonianza di vita degli oblati
è stata la cosa più forte e convincente che mi ha fatto pensare in un’altra
scelta. Mi hanno invitato a partecipare ai ritiri vocazionali nella parrocchia.
Si svolgevano sei ritiri alla’anno. Alla fine, quelli che avevano il desiderio
di conoscere un po’ di più la vita oblata, dovevano ingessare i una comunità
giovanile, mentre si studiava la scuola superiore, e allo stesso tempo si
faceva un’esperienza comunitaria acompagnati da un oblato. Io ho fatto questa
decisione di fare il primo passo ed andare a vivere nella casa vocazionale con
altri 15 giovani. Forse è stato in modo un po’ d’improvviso, perché all’inizio
i miei familiari non capivano quasi niente, piuttosto aspettavano che io
rimanesse a casa. Anche per me, è stato un inizio dificile, era la prima volta
che uscivo da casa e quindi dovevo imparare a non dire: Mamma mi fai da manciare o mi lavi i vestiti, e così via. In quella
casa potevo rimanere il tempo che volesse, anche una o due settimane, e tornare
a casa mia, ma non è stato così. Sono passati già 10 anni e non l’ho fatto. Ho
visto i miei compagni di cammino prendere la valigia e andarsene via, ma io
sono rimasto. Io soltanto mi domandavo: perché non me ne vado anch’io? E la mia
risposta sempre è stata: aspetterò ancora un po’ di tempo e poi andrò, o
aspettavo la fine del tempo previsto che sono tre anni di scuola superiore che
si faceva già con gli oblati e alla fine di questi tre anni uno può decidere se
proseguire o no. E adesso posso dire, che per Dio tutto è possibile.
L’invito di Gesù: “Venite e vedrete” ha sempre iluminato la mia esperienza e questo significa molto per me, perché Gesù ti presenta una scelta, una proposta, ma senza imporre, e dipende d’ognuno si rimanere o no. Ma poi quando i discepoli l’hanno conosciuto, sono rimasti con Lui e lo hanno seguito, anch’io ho fatto così.
L’invito di Gesù: “Venite e vedrete” ha sempre iluminato la mia esperienza e questo significa molto per me, perché Gesù ti presenta una scelta, una proposta, ma senza imporre, e dipende d’ognuno si rimanere o no. Ma poi quando i discepoli l’hanno conosciuto, sono rimasti con Lui e lo hanno seguito, anch’io ho fatto così.
Quindi tre anni dopo di conoscere agli oblati da vicino e
il loro stile di vita, dovevo decidere se fare un altro passo. Il mio
entusiasmo e le mie inquetudine crescevano, e nel 2007 ho deciso di andare al
pre-noviziato a Guadalajara, nel Messico, Lì ho fatto un anno di esperienza. Nella
misura con cui ho potuto conoscere la vita di Sant’Eugenio e il carisma oblato,
sono stato coinvolto di più, guardavo con più chiarezza quello che volevo diventare.
Già nell’anno 2009 sono entrato nel noviziato ad Asunción, Paraguay, dove il 24
Gennaio del 2010 ho fatto i miei primi voti.
Poi sono andato allo scolasticato a Città del Messico per
fare tre anni di filosofia. Dopo questi tre anni, il provinciale mi ha proposto
di andare a San Antonio, Texas, per fare la teologia, ho iniziato un corso di inglese
e ho cominciato a preparare i documenti, ma alla fine l’aereo ha presso un'altra
rotta, mi ha portato verso l’Europa e mi sono svegliato a Roma.
Sono contento di tutto quello che ho visuto e per tutto
quello che sto vivendo nella formazione, crisi e gioie mi hanno aiutato a
crescere in diversi aspetti. Grazie alle diverse esperienze adesso sono il Tono
(Antonio) che si caraterizza come un uomo tranquillo, allegro. Mi piace
divertirmi al mio modo, mi piace la musica e lo sport. Ringrazio Dio per il
dono della vocazione, per i miei formatori. A tutti voi che mi aiutate con la
vostra presenza e testimonianza. Grazie di cuore per la vostra pazienza!
Pian piano capisco di più che la vocazione alla vita religiosa
è un mistero d’amore, tra un Dio che chiama e una persona che gli risponde
malgrado la propria debolezza, ma fiducioso e pieno di fede. Adesso, è giunta
l’ora del passo decisivo. Per favore pregate per me.
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