Anton Xavier Amalraj
Amalraj col Padre Generale
Sono le prime parole di Amalraj nella condivisione ai suoi confratelli
OMI di Roma alla veglia della professione perpetua. Nato ventinove anni fa
nella regione settentrionale dello Sri Lanka, nel distretto di Jaffna, appartiene al popolo tamil e perciò,
durante l'itinerario della sua vocazione, ha sofferto le conseguenze di
una guerra troppo lunga che ha lasciato come sequela tante ferite. Segue il suo racconto personale.
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Paul, Suja e Amal con p. Louis Lougen, Superiore generale
Nella
mia vita passata ci sono stati momenti di felicità, ma anche tante lotte e
sfide ma Dio mi ha guidato sempre. I miei dubbi sono spariti e mi sono deciso
ad affidare tutta la mia persona a Dio nella nostra congregazione per servire
Lui e il suo popolo, senza confini geografici e senza limiti di tempo.
Siamo una
famiglia molto piccola: i miei genitori, io e una sorella. Sono
nato in un giorno un po’ particolare, il 25 dicembre dell’anno 1985. E le
circostanze che hanno accompagnato la mia nascita sono un po’ misteriose. I
miei mi hanno raccontato che, quando sono nato, non ho pianto e non ho fatto
nessun movimento. Tutti pensavano che fossi morto. I miei parenti e le
persone che erano all’ospedale non avevano nessuna speranza, pensavano che non
potessi sopravvivere. Ed ero il
primo figlio, immaginate dunque la tristezza dei miei genitori! L’atmosfera
della mia casa era di funerale. La mia mamma però non ha perso la speranza in
Dio. Ha cominciato a pregare e ha
promesso a Dio che se mi dava vita, lei mi avrebbe lasciato seguire il disegno che
Dio mi avrebbe indicato. Era questa la sua promessa e la mia mamma pregava continuamente. Poi
i medici mi hanno portato al Pronto Soccorso e mi hanno ritenuto lì per ore. Ed ecco
che, dopo qualche tempo, si hanno osservato che il mio corpo cominciava a
muoversi e ho cominciato a piangere. Vedendo il movimento e il pianto, mia madre ha cominciato
a ringraziare Dio. Ha promesso di nuovo a Dio che questo suo figlio sarebbe
consacrato al servizio di Dio per tutta la vita.
Sono
rimasto soltanto cinque anni con i miei genitori, nella mia casa e nella mia
città, poi la mia famiglia ha dovuto affrontare tanti problemi a causa della
guerra etnica in Sri Lanka, mio Paese di origine. A
causa di questa guerra, la mia famiglia ha dovuto spostarsi molte volte dalla
mia città ad un'altra, fino a quando hanno deciso di andare a un posto sicuro, un
campo di profughi. Questo campo di rifugiati era situato nella giungla, presso
il santuario della Madonna di Madu. Siamo rimasti lì per più di dieci anni.
Sono quindi cresciuto con la famiglia in questo campo di profughi. Lì ho
passato gli anni della mia infanzia. Ma il fatto di essere vicino al santuario
della Madonna mi ha aiutato a crescere spiritualmente. In quel periodo è nato
in me il desiderio di diventare sacerdote. Finalmente, dopo dieci anni, la mia
famiglia ha avuto la possibilità di tornare a casa nella mia città. La guerra
però continuava ed è durata più de trent’anni.
Dopo
aver terminato i miei studi, ho voluto cominciare la mia formazione per
diventare sacerdote. Ero indeciso se entrare nel seminario diocesano o in
qualche congregazione religiosa. Non riuscivo a decidere. Ecco però che, in questo
periodo di ricerca, ho avuto la possibilità di partecipare alla prima Messa di
un sacerdote Oblato. E’ stata per me un’esperienza molto forte e mi ha spinto a
entrare nella Congregazione degli Oblati. Quando
ho espresso ai miei genitori questo desiderio di entrare tra i Missionari
Oblati, essi hanno accettato volentieri, anche se ero il loro unico figlio
maschio.
Lontano dalla
famiglia
Son
venuti allora un gruppo di sacerdoti Oblati a predicare una missione nella
nostra parrocchia. Ho condiviso il mio desiderio con uno di loro che era il
Direttore della pastorale delle vocazioni. E così, dopo i miei studi secondari, sono entrato in
seminario il 3 gennaio 2005. Lasciare i
miei genitori e mia sorella ai diciotto anni e vivere lontano da loro, fu per
me un’esperienza abbastanza difficile. Ho vissuto per tre anni nel seminario
minore, un ambiente completamente nuovo per me: c’erano parecchie norme da
osservare. A casa avevo pochissimo tempo per stare con i miei amici, ero quasi
sempre con i miei familiari; i miei
genitori hanno mi facevano tutto. In seminario invece dovevo prendere cura di
me stesso, imparare a fare le cose da solo, in modo autonomo, e questo
cambiamento non è stato per niente facile. Ma è stato anche provvidenziale
perché ho cominciato a scoprire e a conoscere meglio la mia personalità; ho
imparato a essere indipendente. Per questo mi ha aiutato molto la direzione spirituale
e l’accompagnamento psicologico.
Dopo
tre anni di seminario, sono stato ammesso al Prenoviziato. Abbiamo cominciato a conoscere la nostra Congregazione. Eravamo un
gruppo molto piccolo. Abbiamo
perseverato e tutti siamo entrati al Noviziato. Il
Noviziato ha rappresentato per me una situazione del tutto nuova. Era
la prima volta che m’incontravo con molti amici di vari Paesi. Per la prima volta
vivevo in un'altra cultura. Fu
un anno intenso di crescita spirituale e alla fine ho potuto fare la prima professione
religiosa il 22 agosto del 2009. Dopo
il mio Noviziato, sono andato allo Scolasticato per la filosofia. Finita la filosofia, mai avrei immaginato di
dover venire a Roma per la teologia. Ho
accolto questa possibilità che i superiori mi davano e così sono venuto a Roma
per la teologia.
Quando
guardo la mia vita fino ad oggi, questo periodo a Roma rappresenta per me
un’altra grande occasione che mi ha permesso di conoscere ancora di più la mia
personalità. Quando sono arrivato a Roma, infatti, tutto era
molto diverso per me. E all'inizio, mi ha costato molto adattarmi. Ma
ho potuto superare le difficoltà e ora sono molto felice di essere qui, perché
ho potuto vedere e sperimentare molte cose che hanno arricchito la mia
personalità.
Ringrazio Dio
di tutto
In
sintesi, guardando la mia vita, mi accorgo con gioia e riconoscenza che Dio è
stato sempre accanto a me e mi ha guidato. Mi ha fatto scoprire la bellezza
della vita religiosa e missionaria.
Oggi,
in ogni avvenimento, vedo la mano di Dio, so che tutto mi viene da Lui ed è per
il mio bene. Sono felice nella mia vita e nella mia vocazione!
Dio
mi ha fatto provare molte cose, è stato molto generoso con me e, come Padre, mi
ha accompagnato passo dopo passo nella mia crescita personale. Ecco perché sono
immensamente grato a Lui per il suo amore e la sua sollecitudine. Alla
luce di tutte le mie esperienze passate nelle diverse case di formazione, sono oggi
fermamente convinto di aver ricevuto la chiamata ad essere missionario oblato;
e con il vostro aiuto e le vostre preghiere, voglio con tutte le mie forze
continuare a rispondere a questa chiamata del Signore per
il resto della mia vita.
Gli Oblati srilankesi sono numerosi nella loro Isola, ma anche nelle missioni "ad extra"
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